giovedì 16 marzo 2023
Il segretario generale apre l'assise della Cgil
STEFANO IUCCI 15/03/2023
Il segretario generale apre l'assise della Cgil: saper ascoltare e stare in
mezzo alle persone per "fare rumore" e proporre nuovi e rivoluzionari modelli
sociali “Propongo di osservare un minuto di silenzio e di indossare in segno di
lutto, di fraternità e di lotta per tutti i giorni del nostro congresso la
fascetta bianca. Quelle morti, quel naufragio a un passo dalla nostra costa,
tanti bambini, e come sempre giovani donne e giovani uomini, non sono stati un
incidente imprevedibile, ma l’ultima di una lunghissima serie di tragedie che si
dovevano e potevano evitare”. Parte da dove si doveva partire, dallo Steccato di
Cutro, la relazione del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, al XIX
congresso della Confederazione che si svolge al Palacongressi di Rimini. Si
inizia subito con gli applausi e poi il silenzio di una platea ancora scossa,
come la parte migliore del Paese, da una tragedia di cui tutto si può dire
tranne che fosse, appunto, “imprevedibile”. Perché nel mondo le migrazioni sono
sempre esistite e “tutti hanno diritto di cercare un presente e un futuro
migliore”, visto anche che “l’Occidente ha enormi responsabilità sulle
condizioni di quei popoli”. E quello che c’è da fare è chiaro, osserva Landini
rivolgendosi direttamente al ministro Piantedosi, “vanno attivati i visti
umanitari previsti dal regolamento europeo, ampliati i canali regolari di
ingresso, vanno promossi accordi bilaterali condizionati dal rispetto dei
diritti umani e non dal controllo dei flussi migratori”. Irrinunciabile, poi,
abolire la Bossi-Fini e abrogare i decreti sicurezza Salvini “che hanno
trasformato i salvataggi in operazioni di polizia bloccando i migranti in mare e
criminalizzando le Ong”. La conseguenza è che “non è accettabile il recente
decreto approvato dal Governo a Crotone la scorsa settimana” e “occorre che
l’Italia e tutta l’Europa assumano il carattere strutturale delle migrazioni” e
lavorino alla piena integrazione.
Ascoltare le persone
Gli esseri umani e le persone vanno ascoltati: tutti. È questo uno dei fili che
uniscono la corposa relazione di Landini. E significa “mettere al centro la
persona, il valore del lavoro e la libertà delle persone nel lavoro, perché
vogliamo superare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, vogliamo superare l’uso
irresponsabile e l’abuso dei beni comuni: acqua, terra, aria”. Al centro
ovviamente c’è il lavoro perché, ha rimarcato il leader della Cgil,
“l’emancipazione e la libertà nel lavoro delle persone che per vivere devono
lavorare sono la via maestra per contrastare e superare la sbornia di una
globalizzazione che ha messo in discussione qualsiasi vincolo sociale al
mercato”.
E il cambiamento deve partire dai e con i giovani. Ed per questo che il
segretario della Cgil ha voluto ringraziare la dirigente scolastica Annalisa
Savino che “con la bellissima lettera scritta ai suoi studenti, di fronte
all’atto squadristico e fascista avvenuto davanti al Liceo Michelangelo, ha
invitato tutti noi a non essere indifferenti”. E senza quella lettera “non ci
sarebbe mai stata quella grande e bellissima partecipazione alla manifestazione
che si è svolta a Firenze lo scorso 4 marzo a sostegno della nostra Costituzione
antifascista e della scuola pubblica”.
Donna, vita, libertà
Quest’anno quando si parla di donne non si può che partire da quello che sta
accadendo in Iran, perché “la loro lotta è la nostra lotta. Allora serve
coerenza tra le parole e la pratica”, ha scandito Landini. Sottolineando come
“l’emergenza sanitaria ha ulteriormente aggravato la condizione delle donne:
aumenta il divario occupazionale e salariale, la metà delle assunzioni che
riguarda le donne negli ultimi due anni sono a tempo parziale maggiormente
involontario; una donna su cinque, dopo il primo figlio, rinuncia alla propria
occupazione”.
Ma non è più tempo di parole, bisogna agire. Landini propone dunque al
congresso di assumere "esplicitamente" i contenuti della piattaforma di genere
Belle Ciao e che si rinnovi “l’impegno di tutta la Cgil affinché, nella nostra
azione di contrattazione collettiva, si rivendichi e si pratichi, ad ogni
livello, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle donne”.
Insieme, “c’è bisogno di contrastare l’arretramento culturale che porta a
considerare le donne esclusivamente come madri e come uniche responsabili del
lavoro di cura, che si manifesta anche con la messa in discussione della legge
194, della libera scelta e dell’autodeterminazione delle donne”. Anche in questo
caso una proposta al congresso: farsi promotori “di una campagna di
sensibilizzazione nei luoghi di lavoro e nel Paese che coinvolga anche le
istituzioni e i centri antiviolenza”.
Perché il sindacato
Citando Di Vittorio, Landini ha ricordato ai delegati e alle delegate che il
sindacato “è nato proprio per non lasciare sole le persone, per farle diventare
protagoniste di una lotta per la loro emancipazione e liberazione da una
condizione di sfruttamento e di emarginazione”. Contesti e situazioni che
cambiano con i mutamenti del mercato del lavoro, la pervasività delle nuove
tecnologie, la compressione di alcuni diritti fondamentali, come ad esempio
l’attacco al diritto di sciopero nel Regno Unito. Perciò, “con questo congresso
avanziamo una proposta di modello sindacale e di relazioni industriali fondato
sulla democrazia, la rappresentanza e la contrattazione. Il sindacato
confederale deve dunque “aprirsi e allargare la rappresentanza a tutte le forme
di lavoro”. Non solo: “C’è bisogno di allargare i campi di applicazione dei
Ccnl, riducendone il numero agendo sulle sovrapposizioni dei perimetri
contrattuali, affermando il principio stesso lavoro, stessi diritti, stesso
salario”. E ancora: “Contrastare la logica delle esternalizzazioni e del massimo
ribasso e superare una precarietà non più sopportabile. Sicurezza e salute sul
lavoro, obbligo della clausola sociale nei cambi di appalto, parità di
trattamento economico e normativo tra lavoratori in appalto e subappalto,
principio della congruità, contenuti nel codice contratti pubblici vanno estesi
a tutti i settori privati”, sono nodi non più rinviabili. Serve un nuovo sistema
di contrattazione collettiva che deve agire in quattro direzioni. Innanzitutto
un nuovo Statuto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori “in cui i
diritti siano in capo alla persona che lavora e valga quindi in modo eguale per
tutte le forme di lavoro superando il Jobs Act”. Occorre poi “garantire il
diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a eleggere le Rsu in tutti i luoghi
di lavoro e a validare tramite il voto, le piattaforme e gli accordi che li
riguardano”. Fondamentale anche “dare validità erga omnes sia agli aspetti
economici che normativi dei Ccnl, certificando la rappresentanza delle parti che
lo stipulano” e “definire quali sono i contratti nazionali firmati dalle
organizzazioni maggiormente rappresentative”, necessario anche “come riferimento
per il salario minimo, normativa che chiediamo venga recepita anche nel nostro
Paese”.
Antifascismo valore fondamentale
Ricordando l’assalto squadristico alla sede nazionale della Cgil dell’ottobre
2021, il segretario ha sottolineato poi che “l’antifascismo continua ad essere
un valore fondante del nostro Paese e della nostra organizzazione: il mondo del
lavoro, infatti, è alla base della vita democratica e della giustizia sociale
dei Paesi e determina l’emancipazione e la libertà di tutte le persone. Principi
che il fascismo ha sempre messo in discussione”. E l’allarme per queste derive
non deve allentarsi. Proprio per questo, ha detto, “abbiamo lanciato la proposta
del ‘Manifesto della rete internazionale dei sindacati antifascisti’”, e quello
che “chiediamo al Governo e al Parlamento è chiaro e netto: sciogliere i partiti
neofascisti, come previsto dalla nostra Costituzione”.
Sindacato e politica
Non si può non considerare seriamente la “profonda crisi di rappresentanza e di
partecipazione democratica che ha aumentato la sfiducia dei cittadini verso le
forze politiche e anche verso i sindacati”. Tra i motivi, “il venire meno di un
carattere alternativo dei programmi tra i diversi schieramenti. Sono cambiati i
governi ma i precari rimangono precari e aumentano, il sistema pensionistico non
è cambiato, il fisco grava sempre più sui lavoratori dipendenti e sui pensionati
e favorisce la rendita finanziaria e l’evasione fiscale, la sanità pubblica sta
per implodere, sono aumentate le diseguaglianze e la solitudine delle persone”.
A proposito di politica, Landini ha anche ricordato l’elezione di Elly Schlein,
37 anni, a nuova segretaria del Pd e a lei “rivolgiamo gli auguri di buon
lavoro, non sottovalutando il valore di un processo fondato sulla partecipazione
e la novità che questa elezione segnala non solo per il suo partito”. La
politica, in ogni caso, deve tornare a “rappresentare la cultura del lavoro e
gli interessi materiali delle persone che lavorano” e il compito del sindacato
“è quello di sviluppare con forza un’azione di pressione, di critica, di sfida
progettuale nei confronti del sistema politico preso nel suo complesso senza
rapporti privilegiati o collateralismi. Perché noi non siamo un sindacato di
opposizione o di governo”, ma, come ha insegnato Trentin, un sindacato di
progetto, “autonomo, democratico, pluralista”, ed è con questo spirito, ha
sottolineato Landini, che “abbiamo invitato il Governo a prendere la parola in
questo nostro congresso nella persona del Presidente del Consiglio” e “i
segretari delle forze politiche dell’opposizione e tante personalità e soggetti
sociali”. E ancora: “Noi rispettiamo l’esito del voto che affida alla destra il
governo del Paese e rivendichiamo, per ciò che il sindacato confederale
rappresenta e per la complessità della situazione, il diritto ad un confronto
preventivo e vero sulle riforme di cui questo Paese ha bisogno”. Solo che questo
non sta accadendo e così “con la Uil lo scorso mese di dicembre abbiamo promosso
iniziative e mobilitazioni fino agli scioperi articolati a livello regionale”.
Il leader della Confederazione di corso d’Italia ha enucleato i temi su cui c’è
stato dissenso e su cui il governo non ha ascoltato i sindacati: flat tax per
redditi alti del lavoro autonomo, condoni, voucher, abolizione reddito di
cittadinanza, “non un euro per rinnovare i contratti pubblici, nessun serio
intervento fiscale per tutelare i salari mangiati dall’inflazione, di fatto
tagli alle risorse per scuola e sanità, peggioramento della legge Fornero e
cambiamento del sistema di rivalutazione delle pensioni, retromarcia sulla
tassazione degli extraprofitti alla faccia della giustizia sociale”.
Male l'incontro sul fisco
Fallimentare anche l’incontro di ieri (14 marzo) sul fisco: “Non siamo d’accordo
né sulla riduzione delle aliquote perché va a favorire i redditi più alti, né
sulla flat tax che è fuori dalla dimensione della progressività prevista dalla
nostra Costituzione. Questi interventi prefigurano una riduzione delle risorse
destinate alla scuola e alla sanità”. E per questo "la delega fiscale va
ritirata". Inoltre, “nelle linee illustrate dal Governo, non è prevista la
riduzione di 5 punti del cuneo contributivo per una vera crescita dei salari, né
la restituzione del fiscal drag per la loro tutela dall’inflazione”. Male anche
sull’evasione, tema affrontato “attraverso accordi con i contribuenti e la
collaborazione con le grandi imprese. La cosiddetta pace fiscale o fisco amico.
Ma amico di chi? In un Paese dove l’evasione fiscale ammonta a 100 miliardi, di
cui solo 15 ascrivibili all’elusione internazionale dei grandi gruppi”. Il fisco
è “la madre di tutte le battaglie”, per questo, ha attaccato rivolgendosi ai
segretari generali di Cisl e Uil, “per noi è il momento di mobilitarci.
Facciamolo insieme. Organizziamo già nei prossimi giorni una campagna
straordinaria di assemblee nei luoghi di lavoro e sul territorio aperte a tutte
le lavoratrici e a tutti i lavoratori, alle pensionate e ai pensionati, ai
giovani, ai cittadini, alle associazioni per discutere e sostenere le nostre
proposte”. Non solo sul fisco ma anche su sanità, previdenza, salario, rinnovo
dei contratti, politiche ambientali, precarietà.
No all’autonomia differenziata
“Fermatevi: non procedete con il disegno di legge”: questo l’invito al governo
rispetto all’autonomia differenziata. Perché in questo modo “aumentano i divari
territoriali e le disuguaglianze, si penalizza ulteriormente il Mezzogiorno”. No
anche al presidenzialismo, con il quale “si marginalizza più di quanto già lo
sia il Parlamento”.
L'incontro con il Papa
“Considero quell’incontro di straordinaria importanza e di carattere
strategico”, “certo, per l’impegno comune sulla pace, per la convivenza pacifica
tra i popoli. Ma anche perché, ad una lettura attenta, nelle encicliche ‘Laudato
Si’’ e ‘Fratelli Tutti’ sono presenti contenuti di grande importanza: la critica
alla precarietà, il richiamo alla centralità del lavoro e alla sua qualità, la
tutela della natura e dell’ambiente quale condizione per una società diversa”.
No alla guerra
“La guerra scatenata il 24 febbraio 2022 dalla Russia, nel cuore dell’Europa,
con l’invasione dell’Ucraina è stato un gesto gravissimo, una lesione colpevole
del diritto internazionale”, ha scandito il leader sindacale. E a un anno di
distanza il cessate il fuoco sembra lontano così come l’apertura dei negoziati,
“ma continuano bombardamenti e attacchi e siamo nel pieno di una rincorsa folle
al riarmo in cui le spese per armi sempre più sofisticate sono aumentate nel
mondo del 110%. Corriamo il serio rischio che si scateni una terza guerra
mondiale”. Ma “la guerra non si contrasta con la guerra. Anzi confermo il nostro
obiettivo utopico: cancellare la guerra come strumento di regolazione dei
rapporti tra gli Stati e le persone. È il momento di fare ogni sforzo perché si
arrivi ad un cessate il fuoco, che si avvii un negoziato e che la diplomazia ad
ogni livello agisca perché si arrivi ad una vera conferenza internazionale di
pace”.
Il futuro dell'Europa
Proprio e anche per la guerra in corso “c’è bisogno di un’Europa diversa, capace
di affermarsi come soggetto politico, unita, baricentro di una politica fondata
sulla pace, sulla cooperazione, sul riconoscimento del multilateralismo”. Ma non
solo: “C’è bisogno di una revisione profonda del modello economico europeo”. E
se le misure per contrastare la pandemia (sospensione del patto di stabilità e
crescita e del divieto degli aiuti di Stato, il Next Generation Eu) “avevano
aperto una breccia rispetto alle precedenti politiche di austerità. La guerra ha
interrotto questa prospettiva”. In questo contesto, la Commissione europea ha
avanzato una riforma delle regole fiscali del patto di stabilità e crescita. “La
proposta rappresenta un passo avanti, ancorché timido, nella costruzione di un
sistema di governo dell’economia dei paesi europei che tenga insieme le esigenze
della stabilità finanziaria e il ruolo della politica di bilancio”, ha detto
Landini, ma non basta, perché non cambia il paradigma, “manca una vera ‘regola
d’oro’ su spesa e investimenti pubblici, a partire da quelli su sanità e
istruzione”.
Crisi su crisi
D’altra parte Landini ha ribadito che “lotta per la pace e per un nuovo modello
sociale mai come oggi sono due facce della stessa medaglia”. Le crisi sono
ricorrenti, quelle finanziarie del 2008 e 2011, poi la pandemia e la crisi
ambientale, “prodotto di un modello di crescita fondato sulla convinzione che la
natura fosse una risorsa illimitata e sulla quale il processo produttivo non
avesse conseguenze rilevanti”. La somma di tutti questi “eventi” ha prodotto un
fenomeno nuovo: “Si è spezzato quel rapporto che sembrava scontato tra sviluppo
e benessere”.
E l'Italia?
In Europa il nostro è tra i paesi più fragili in questo contesto, con “una quota
elevata di lavoratrici e lavoratori precari e a basso salario, un sistema di
welfare più debole, un elevato debito e, quindi, uno spazio fiscale più
ridotto”. Grazie al contributo dei lavoratori però crescita c’è stata “ma non
c’è stata redistribuzione. C’è un’Italia che cresce e accumula ricchezza e
un’Italia che si impoverisce sempre di più”, con l’inflazione che “ha eroso il
potere di acquisto di salari e pensioni già bassi” e “alta è la quota di
contratti a termine, anche di breve durata, e i part-time involontari”, con
divari territoriali sempre più ampi e il Mezzogiorno a pagare il dazio più
pesante.
Politiche industriali cercasi
L’allarme il sindacato lo lancia da anni: “Il nostro Paese sconta l’assenza di
politiche industriali”. Ma per la Cgil, ha ricordato il segretario generale, “lo
sviluppo non si rimette in moto lasciando fare alle sole imprese che senza
condizionalità fanno i propri interessi; né il mercato da solo può affrontare la
complessità dei problemi sul tappeto. È necessario un cambiamento di fondo”.
“Per questo – ha rilanciato – riteniamo necessaria una pratica di programmazione
industriale partendo dalla valorizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori”.
Serve quindi un’Agenzia di sviluppo per “indirizzare e coordinare interventi nei
settori strategici, costruire e qualificare filiere produttive, contribuire ad
aprire nuove opportunità per investimenti pubblici e privati, coordinare gli
indirizzi delle grandi aziende a partecipazione pubblica ma anche delle
multinazionali che operano in Italia spesso in regime quasi di monopolio”. E
ancora: “Le risorse che lo Stato anche grazie al Pnrr ha destinato alle imprese
e che hanno contribuito fortemente a garantire una ripresa maggiore che in altri
paesi, devono essere vincolate alla produzione e all’innovazione sul nostro
territorio, che siano gruppi nazionali o multinazionali, anche per favorire i
processi di rientro della attività produttive delocalizzate”. Il tutto,
ovviamente, tenendo conto delle necessarie compatibilità ambientali che “ormai è
totalmente connessa alle scelte di politica industriale”.
Cambiare il mondo del lavoro
“Da questa nostra assemblea congressuale diciamo con chiarezza che bisogna porre
fine alla precarietà”: è una battaglia su cui non è possibile fare sconti,
perché “strumenti come i voucher, il part-time imposto, i contratti a termine
della durata di pochi mesi feriscono la dignità del lavoro” e invece ”bisogna
investire sul lavoro, sulla sua qualità, sul protagonismo e la partecipazione
delle lavoratrici e dei lavoratori”. Quindi: “Nei contratti, nelle vertenze, nei
luoghi di lavoro pubblico e privato è l’ora di rivendicare la stabilizzazione
per le lavoratrici e i lavoratori con rapporti di lavoro precario”, anche perché
“un netto contrasto alla precarietà è fondamentale per eliminare le cause degli
infortuni e delle morti sul lavoro. Una strage inaccettabile che sta
continuando. Bisogna aumentare i controlli, attivare un intervento deciso sulla
catena degli appalti e dei subappalti rendendo effettive ed esigibili la
clausola sociale, il rispetto dei contratti nazionali, l’estensione del Durc di
congruità in tutti i settori privati, contro ogni forma di lavoro nero e
grigio”.
Pensioni da riformare
Landini ha ricordato che “è urgente una riforma che elimini gli aspetti più
iniqui di un sistema previdenziale che è diventato tra i più restrittivi
d’Europa”. Serve una flessibilità nell’accesso alla pensione, a partire dai 62
anni o con 41 di contributi a prescindere dall’età. “E poi bisogna riconoscere
la gravosità del lavoro allargando la platea dei lavori usuranti, valorizzare il
lavoro delle donne e più in generale il lavoro di cura non retribuito, la
pensione contributiva di garanzia per i giovani e per coloro che svolgono lavori
precari, sviluppare la previdenza complementare, sostenere il potere di acquisto
delle pensioni attraverso la perequazione automatica e la quattordicesima
ampliandone la platea e l’innalzamento della misura”.
La battaglia dell'orario
La rivoluzione tecnologica aumenta produttività e profitti e riduce la quota di
tempo di lavoro umano necessario. Per questo bisogna puntare “verso la piena
occupazione anche attraverso la riduzione e redistribuzione degli orari a parità
di salario”. L’obiettivo è dunque “la settimana lavorativa di quattro giorni,
come sta avvenendo in altri paesi con esiti positivi per i lavoratori e per le
imprese”. Per Landini la riduzione dell’orario “va posta nei contratti nazionali
rivendicandone la progressiva generalizzazione”, ma serve anche il sostegno del
governo (per esempio nella formazione)” e “non può non interfacciarsi,
soprattutto in alcuni settori, con il lavoro agile”.
Salari e contratti
Il leader della Cgil ha ricordato che i salari italiani sono i più bassi
rispetto ai più importanti Paesi europei, anche come conseguenza della
precarietà e del mancato rinnovo dei contratti. Anche se le cause sono tante e
complesse, quello che è certo, ha detto, è che l’indice Ipca su cui misurare
l’inflazione non è adeguato. Tra le cose da fare, ha scandito, è che le
categorie “per realizzare l‘obiettivo della crescita del salario e del potere
d’acquisto reale delle retribuzioni, prevedano percorsi di verifica inferiori
alla normale durata dei contratti”. Inoltre, occorre estendere la contrattazione
di secondo livello.
Il valore dello Stato Sociale
Per il sindacalista non ci sono dubbi: “Va rilanciato, rivendicato, contrattato
il senso e il valore di uno Stato Sociale, solidaristico e inclusivo che
garantisca diritti e tutele”. Questo dopo anni di tagli e sottofinanziamenti che
hanno portato “ad una situazione di grave crisi nella capacità di garantire la
tutela della salute pubblica e la sua stessa esistenza”, mentre “se vogliamo
salvare il sistema pubblico e garantire a tutti i cittadini i diritti
fondamentali, c'è bisogno di uno straordinario piano di assunzioni in tutti i
settori pubblici, soprattutto di giovani e donne”. Idem per la scuola e
l’università: “Ogni ministro ha fatto la sua riforma senza toccare però nessuno
dei problemi strutturali: alta dispersione scolastica, disuguaglianza
nell’accesso, basso numero dei laureati, diffusione del precariato”, ma così “si
rischia di tornare ad una società che consente solo ai figli dei più ricchi di
andare avanti”. Per contrastare tutto ciò occorre “costruire un sistema
educativo integrato che renda gratuiti gli asili nido, obbligatoria la scuola
dell’infanzia, estenda il tempo pieno, elevi l’obbligo a 18 anni, sostenga il
libero accesso alla formazione superiore e il diritto allo studio anche con una
drastica riduzione delle tasse universitarie, consenta una formazione permanente
anche degli adulti”. Quanto alla povertà assoluta che è in crescita, si
sostituisce il reddito di cittadinanza con un nuovo strumento, denominato Misura
di inclusione attiva: “Il Governo, di fatto, ha ridotto la platea dei
beneficiare per risparmiare dai 2 ai 3 miliardi cancellando così il carattere
universale della misura”.
Il prezzo pagato dagli anziani
Se è vero che “l’allungamento delle aspettative di vita è una straordinaria
conquista”, “proprio per questo c’è bisogno di nuovi servizi, di una diversa
organizzazione delle reti di produzione”. E proprio gli anziani che “hanno
pagato il prezzo più alto alla pandemia e i soggetti più fragili sono costretti
spesso alle strutture private come le Rsa o ai ricoveri impropri delle strutture
ospedaliere”. Di qui, all’opposto, “l’importanza della conquista di una legge
sulla non autosufficienza”. Quanto alla denatalità, gli interventi sarebbero
tanti, quel che è certo è che le politiche migratorie sono decisive: “Anche per
questa ragione la politica e la gestione dei flussi non può essere affrontata
come tema di sicurezza e di ordine pubblico”.
«Noi ci siamo»
Tante sfide, tanti nodi da affrontare per un sindacato confederale, autonomo e
propositivo. Per Landini però un tema rimane centrale sin dalle origini: “La
capacità di rappresentare le persone in tutta la complessità di vita e di lavoro
e investire sulla loro intelligenza”. E c’è un solo modo per farlo e questo non
cambia mai: “Saper ascoltare, stare in mezzo alle persone significa fare rumore
per essere noi a proporre nuovi e rivoluzionari modelli sociali, industriali e
organizzativi”. Ma per questo compito “dobbiamo essere umili, consapevoli che
abbiamo bisogno di aprire canali di comunicazione, costruire relazioni, unire
soggettività”.
“Vorrei che i giovani – ha concluso –, mai così precari e mai così sfruttati,
potessero riscoprire una forte consapevolezza. Noi ci siamo. Questo è il
momento di fare”.
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