mercoledì 24 marzo 2021

Il periodo di reperibilità costituisce orario di lavoro se i vincoli imposti al lavoratore gli impediscano in maniera significativa di dedicarsi ai suoi interessi.

Corte di giustizia, sentenza 9 marzo 2021, in causa n. C-344/19 Il periodo di reperibilità costituisce orario di lavoro se i vincoli imposti al lavoratore gli impediscano in maniera significativa di dedicarsi ai suoi interessi. La pronuncia della Corte di giustizia era stata sollecitata da un caso in cui un impiegato tecnico lavorava presso un impianto di trasmissione isolato e molto distante dalla propria abitazione, per cui, in caso di turno di reperibilità, era di fatto costretto a non allontanarsi e fruiva di un locale messo a disposizione dalla datrice di lavoro. In queste condizioni, aveva promosso un giudizio per ottenere il riconoscimento che il periodo di servizio di reperibilità fosse considerato orario di lavoro e come tale retribuito. La Corte di giustizia afferma che non tutte le difficoltà di fatto di una qualche significativa mobilità durante il servizio di reperibilità qualificano quest’ultima come orario di lavoro, ma solo quando durante la reperibilità il lavoratore è giuridicamente obbligato a permanere in luogo diverso dal suo domicilio a disposizione del datore di lavoro per le prestazioni eventualmente richieste (queste si, retribuite come orario di lavoro), senza poter dedicarsi ai propri interessi familiari e sociali. Oppure ancora, nel caso che gli obblighi impostogli siano di tale intensità (ad es. di rendersi disponibile a richiesta immediatamente o con un margine di tempo assolutamente esiguo) siano tali da impedirgli, per altra via, in maniera significativa di dedicarsi ai propri interessi.

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