venerdì 14 ottobre 2016
Valutazione dei rischi per la salute legati al lavoro notturno
L’ANSES (Agenzia francese di sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro) ha pubblicato a fine giugno un vasto studio di quasi 500 pagine per analizzare gli effetti del lavoro di notte sulla salute. Gli esperti francesi hanno analizzato, in cooperazione con specialisti europei e americani, ventiquattro studi epidemiologici recenti. Ricordiamo che il lavoro a turni comprendente il turno notturno è stato classificato (nel 2007) come “probabilmente cancerogeno” dalla IARC e secondo l’inchiesta europea sulle condizioni di lavoro del 2015 si stima che il 19% dei lavoratori europei svolge lavoro di notte. Questa indagine ha messo in evidenza che i lavoratori che svolgono lavoro notturno sono sottoposti a numerosi fattori di usura fisica oltre che ambientali (pressione temporale maggiore data dagli orari, dai ritmi imposti, tensioni con i colleghi o con il pubblico ecc).
Qui di seguito riportiamo le conclusioni a cui pervengono i ricercatori dell’indagine.
Effetti sulla quantità e la qualità del sonno
Le difficoltà che incontrano i lavoratori di notte nel trovare il sonno dopo un periodo di lavoro in orario sfalsato sono facilmente comprensibili e spesso conosciuti da tutti gli attori del mondo del lavoro. Gli orari notturni si accompagnano ad una necessità di riorganizzazione dei ritmi biologici e, dunque, il fattore che è maggiormente sensibile a queste condizioni ambientali è proprio il sonno.
A livello fisiologico quando si volge un lavoro di notte si determina una desincronizzazione fra i ritmi circadiani e il nuovo ciclo attività-riposo/veglia-sonno imperniato sul lavoro di notte. Questa desincronizzazione è anche favorita da condizioni ambientali poco favorevoli al sonno: luce del giorno durante il riposo, temperatura più elevata di quella abituale di notte, livello di rumore più elevato durante il giorno, ritmo sociale e obblighi familiari. Tutti questi fattori ambientali fisici e sociologici contribuiscono a perturbare i ritmi biologici e il sonno. Le difficoltà riferite dai lavoratori di notte riguardano sia la quantità che la qualità del sonno. Studi sperimentali condotti nell’uomo con l’utilizzo dell’actimetria e la polisonnografia rilevano una riduzione del tempo di sonno nei lavoratori di notte. Gli elementi di prova emersi dagli studi epidemiologici sono sufficienti per concludere per l’esistenza di un effetto sulla salute dei lavoratori. Di conseguenza, l’effetto del lavoro di notte sulla qualità del sonno e sulla riduzione della sua durata è dimostrata e confermata.
Sonnolenza e turbe cognitive
Gli studi realizzati in laboratorio hanno rilevato che la desincronizzazione circadiana si accompagna a turbe cognitive. La sonnolenza associata a questi sintomi si spiega sia con la desincronizzazione della giornata di lavoro in rapporto all’orario circadiano sia con “il debito di sonno” che sviluppano i lavoratori a turno notturno.
Sonnolenza
Gli elementi di prova forniti dagli studi epidemiologici sono sufficienti per concludere in merito all’esistenza di un effetto. Inoltre, numerose ricerche condotte in laboratorio sull’uomo hanno messo in evidenza la presenza di questa sonnolenza inveterata la cui intensità dipende dal ritmo del lavoro a turno comprendente anche quello notturno, ma anche da fattori cronobiologici e omeostatici di carenza di sonno, in funzione del tempi di riduzione del sonno e dell’intervallo di tempo che intercorre fra l’ultimo periodo di sonno e l’inizio del periodo di lavoro. In conseguenza, l’effetto del lavoro di notte sulla sonnolenza è comprovato.
Performance cognitive
La maggioranza degli studi utilizzano la misura obiettiva detta del PVT (Psychomotor Vigilance Test: misura del tempo di reazione), i restanti studi propongono altre interessanti metodologie valutative. Sei degli undici studi presi in considerazione mostrano che il lavoro a turni comprendente quello notturno sarebbe associato ad una riduzione delle performances cognitive. Pur tuttavia, alcuni studi rilevano che la diminuzione della performance al PVT sarebbe determinata piuttosto dalla privazione del sonno nella fase precedente l’inizio del turno di lavoro che dall’orario a turni. Gli elementi di prova che emergono dagli studi sono ancora insufficienti per concludere per l’esistenza di un effetto.
Gli studi realizzati in laboratorio su uomini simulando l’effettuazione di un lavoro a turni confermano gli effetti di questi orari sfalsati sulle performance cognitive, in particolare con l’applicazione del PVT, ma non esclusivamente. In conseguenza, gli effetti del lavoro di notte sulle performances cognitive sono probabili.
Effetti sulla salute psichica
I lavoratori di notte riferiscono comunemente problematiche legate alla salute psichica: disturbi dell’umore, depressione, irritabilità, ansietà, disturbi della personalità. A lungo considerate come una conseguenza dei disturbi psichici, le alterazioni del sistema circadiano potrebbero essere implicate nella genesi di questi disturbi. In effetti in alcuni studi è ipotizzata l’implicazione diretta delle alterazioni del sistema circadiano – e dunque potenzialmente del lavoro di notte – nello sviluppo di alcune patologie mentali.
Il lavoro di notte influirebbe sui fattori di rischio psicosociale e sui disturbi del sonno, che a loro volta potrebbero aumentare il rischio di disturbi mentali. Molto importante e anzi esiziale per poter determinare la natura dell’effetto del lavoro di notte come tale appare il controllo dei fattori di confusione. Questi fattori di confusione sono molto numerosi e nessuno studio finora è pervenuto a controllarli in maniera completa; i dati indicano una associazione, con l’eccezione del solo studio longitudinale ad oggi disponibile secondo il quale non è possibile escludere tutti i biais ed i fattori di confundiemnto. Così gli elementi di prova a favore dell’esistenza di un effetto del lavoro di notte sulla salute mentale sono limitati.
Uno studio sperimentale recente (Bouldreau et ql 2013), realizzato in laboratorio con lavoratori a turni, ha messo in evidenza una migliore qualità dell’umore nel momento in cui vi è un aumento della sincronizzazione circadiana fra l’orologio biologico interno e l’orario sveglia-sonno imposto dal lavoro di notte. Questo studio in laboratorio apporta anche elementi di prova limitati in favore dell’esistenza di un effetto del lavoro di notte sulla salute mentale. In conseguenza, l’effetto del lavoro di notte sulla salute psichica è probabile.
Disturbi metabolici e patologie cardiovascolari
Numerosi studi sono stati condotti al fine di valutare l’associazione fra il lavoro a turni e il rischio di disturbi metabolici: obesità o sovrappeso, diabete, ipertensione, dislipidemia o sindone metabolica.
Obesità e sovrappeso
Numerosi fra gli studi analizzati, e in particolare gli studi caso-controllo, evidenziano un’associazione significativa fra il lavoro a turni comprendente il turno notturno e l’aumento di peso. Gli elementi di prova forniti dagli studi epidemiologici appaiono limitati per concludere sulla esistenza di un effetto.
Alcune indagini suggeriscono che l’aumento della quantità di cibo assunta (soprattutto in zuccheri) sarebbe una risposta omeostatica compensatoria alla deprivazione di sonno, che si osserva in occasione del lavoro a turni, comprensivo di quello notturno.
Tenuto conto degli elementi di prova forniti dagli studi epidemiologici e dei plausibili meccanismi evidenziati negli studi sperimentali: l’effetto del lavoro di notte sull’obesità e il sovrappeso è probabile.
Diabete di tipo 2
Una relazione dose-risposta significativa fra la durata del lavoro a turni, comprendente quello notturno e il rischio di diabete di tipo 2, è stata messa in evidenza in due studi di coorte analizzati. Nelle differenti indagini prese in considerazione, viene rilevato che il lavoro a turno è associato ad un rischio significativamente aumentato di diabete di tipo 2, in particolare nei lavoratori a turno con orari alternanti. Gli elementi di prova che scaturiscono dagli studi epidemiologici sono limitati.
Sul piano meccanicistico, gli effetti della alterazione circadiana e/o della riduzione del sonno sulla insulino-resistenza appiano plausibili. Nella maggioranza degli studi che hanno indagato l’effetto di una alterazione circadiana nell’uomo o nell’animale si è rilevata una alterazione del metabolismo del glucosio come pure della sensibilità all’insulina.
Così, tenuto conto degli elementi di prova forniti dagli studi epidemiologici e dalla plausibilità dei meccanismi delle ricerche sperimentali, l’effetto del lavoro di notte sul diabete è probabile.
Dislipidemie
Gli studi epidemiologici a questo riguardo si sono particolarmente interessati ai valori minimi e medi in anni di lavoro a turni alternati che induce un aumento del colesterolo. Tuttavia la maggioranza di queste ricerche non prendono in considerazione le sotto-frazioni del colesterolo (HDL-C, LDL-C) né i trigliceridi. Tenuto conto dei limiti metodologici e del piccolo numero di studi disponibili che prendano in considerazione questi parametri, gli elementi di prova forniti dalle indagini epidemiologiche non permettono di concludere in merito alla sussistenza o meno di un effetto.
Tenuto cono degli elementi di prova forniti dagli studi epidemiologici e dei plausibili meccanismi individuati negli studi sperimentali, l’effetto del lavoro di notte sulle dislipidemie è possibile.
Sindrome metabolica
Esistono numerose definizioni di sindrome metabolica. Una delle più recenti (2005) definisce la sindrome come la presenza simultanea di almeno 3 criteri su 5 parametri biologici e clinici: pressione arteriosa, trigliceridemia, colesterolemia e glicemia. Se la maggioranza degli studi sono di tipo trasversale, sono anche disponibili numerose ricerche di coorte, fra cui una che rileva un tasso di incidenza della sindrome metabolica maggiore fra i lavoratori che svolgono lavoro a turni, comprensivo di quello notturno, rispetto ai lavoratori che svolgono le loro attività di giorno.
Per quanto concerne gli studi epidemiologici, gli elementi di prova sono sufficienti per concludere in merito alla esistenza di un effetto. Sul piano meccanicistico, gli effetti della alterazione circadiana e/o della riduzione del sonno sui componenti della sindrome metabolica appaiono plausibili. La presenza di una relazione dose-risposta con la durata del lavorio a turni, comprendente quello di notte, è stata messa in evidenza in diversi studi. In conseguenza l’effetto del lavoro di notte sulla comparsa della sindrome metabolica è dimostrata.
Patologie cardiovascolari
L’associazione fra lavoro di notte/a turni e patologie cardiovascolari è plausibile sulla base dei fattori di rischio esaminati. Pur tuttavia, occorre rilevare che si è in presenza di biais di selezione e di informazione caratterizzanti tutti gli studi. Questi sono legati alla definizione e alla quantificazione imprecisa dell’esposizione, alla classificazione erronea dei casi e dei controlli, il tipo di studio (trasversale, longitudinale), i gruppi/settori esaminati, i criteri di diagnosi, i metodi di segnalazione/denuncia, l’effetto del lavoratore sano (invecchiamento, arruolamento, sorveglianza sanitaria periodica).
Tenuto conto degli elementi di prova emersi dagli studi epidemiologici e dagli studi sperimentali presi in esame:
· L’effetto del lavoro di notte sulle malattie coronariche (ischemia coronarica ed infarto del miocardio) è probabile;
· L’effetto del lavoro di notte sull’ipertensione arteriosa e la sua relazione con l’incidente vascolare cerebrale ischemico sono possibili.
Tumore
La IARC ha concluso nel 2010 la sua valutazione della cancerogenicità del lavoro di notte implicante alterazioni del ritmo circadiano per un livello di prova limitato nell’uomo sulla base di otto studi epidemiologici sul tumore del seno nelle donne e di un piccolo numero di indagini sui tumori della prostata, del colon e dell’endometrio. Ulteriori studi epidemiologici sono stati pubblicati successivamente alle conclusioni della IARC.
Tumore del seno nelle donne
La valutazione degli elementi di prova apportati dagli studi epidemiologici si è concentrata su 24 indagini inerenti il tumore del seno condotti nell’America del Nord, in Europa e i Asia. In questo numero sono inclusi anche gli 8 studi valutati dalla IARC per la sua monografia. Otto studi di coorte e 7 studi caso-controllo condotti all’interno di coorti hanno interessato le infermiere (6 studi), le operatrici radio, le militari, le lavoratrici del settore tessili, insiemi di lavoratrici identificate nell’ambito dei registri di popolazione. Sono stati presi in considerazione nove studi del tipo caso-controllo condotti sulla popolazione generale; indagini che includevano un largo ventaglio di professioni e di settori di attività. Sull’insieme degli studi analizzati, alcuni presentavano dei limiti metodologici importanti e non hanno di conseguenza giocato un ruolo nella valutazione finale; si trattava di una misurazione inadeguata dell’esposizione, della possibilità di biais di selezione dei soggetti, della piccola dimensione del campione o della mancanza di disamina dei fattori di confondimento. Diversamente, alcuni casi studio-controllo condotti sulla popolazione o nell’ambito di coorti sono stati segnalati per la loro migliore qualità metodologica.
Queste indagini hanno globalmente apportato degli elementi valutativi nuovi rispetto alla valutazione IARC, in quanto hanno interessato gruppi professionali diversificati, sono stati identificati meglio rispetto agli studi precedenti gli orari di lavoro di notte e/o a turni; inoltre, l’esposizione al lavoro di notte è stata misurata sull’insieme della carriera professionale prendendo in considerazione i principali fattori di rischio per cancro del seno che potevano svolgere un ruolo di confondimento. Infine, alcuni studi hanno assunto anche informazioni sulla durata del sonno e sul cronotipo degli individui, cioè fattori intermediari o modificatori della relazione fra lavoro di notte e rischio di tumore del seno.
Le principali ricerche hanno evidenziato l’esistenza di una associazione statistica generalmente debole fra tumore del seno e lavoro di notte o a turni. Tuttavia, le definizioni utilizzate per caratterizzare l’esposizione al lavoro di notte divergono in maniera significativa da uno studio all’altro e rendono difficile, per non dire impossibile, il confronto dei risultati. Le associazioni osservate hanno riguardato, secondo gli studi, la durata in anni di lavoro di notte, la sua intensità (numero di notte a settimana o nel mese), il numero di notti consecutive lavorate, il numero totale delle notti lavorate nel corso ella propria carriera lavorativa, il lavoro di notte fisso o alternato, o il lavoro di notte misurato sulla base di una scala che permette di evidenziare il livello di alterazione circadiana. Le esposizioni protratte per oltre 20 anni sono apparse associate al tumore del seno in alcuni studi, ma non in tutti.
In conclusione, il gruppo di esperti riconosce che le indagini epidemiologiche recenti apportano elementi nuovi sul possibile legame fra lavoro di notte e tumore del seno. Il gruppo sottolinea pur tuttavia la mancanza di standardizzazione nella caratterizzazione dell’esposizione. Nell’impossibilità di poter replicare i risultati in maniera affidabile da uno studio all’altro, non appare possibile a questo livello di indagine, costruire un quadro coerente dell’aumento del rischio di tumore del seno nelle donne che lavorano di notte o a turni in funzione della durata, della frequenza o dell’intensità dell’esposizione. Il gruppo considera, inoltre, che non sia possibile eliminare con certezza l’esistenza di biais di confondimento residuali, in rapporto, ad esempio, ad esposizioni professionali concomitanti, che potrebbero spiegare alcune delle associazioni osservate.
Gli elementi di prova forniti dagli studi epidemiologici a favore di un effetto del lavoro a turno, comprendente quello notturno, e l’aumento di rischio di tumore del seno sono più numerosi oggi rispetto al 2010. Pur tuttavia glie elementi di prova appaiono limitati.
Tumore della prostata
La revisione della letteratura si è basata su 8 studi epidemiologici che prevedevano anche una valutazione individuale dell’esposizione al lavoro di notte o al lavoro turni (5 studi di coorte e 3 studi caso-controllo), di questi due erano già stati oggetto di valutazione ad opera della IARC. Le indagini di coorte non dimostrano un aumento del rischio di tumore della prostata associato al lavoro notturno o a turni, con la sola esclusione del primo studio che riguardava una coorte giapponese di piccole dimensioni. In queste ricerche, la misura dell’esposizione al lavoro notturno è generalmente di scarsa precisione, basata su un breve periodo della storia lavorativa complessiva dei soggetti o costruita partendo da una matrice mansione-esposizione. I risultati dei 3 studi caso-controllo mostrano delle associazioni con le durate espositive, o con gli indici espositivi cumulati al lavoro i notte. Lo studio più recente, nel fornire legami fra il lavoro di notte e stadi elevati di tumore della prostata e avendo studiato anche l’effetto modulatore del cronotipo, apporta elementi di prova più convincenti, ma questi elementi devono essere confortati da ulteriori studi.
Sulla base degli studi epidemiologici disponibili, i risultati suggeriscono la possibilità di un rischio aumentato, ma gli elementi di prova sono insufficienti e devono essere confermati da ulteriori studi.
Conclusione globale sul rischio cancerogeno
Il gruppo di esperti ha realizzato un’ analisi critica degli studi epidemiologi sul rischio di cancro in relazione con il lavoro a turni, comprensivo di quello notturno. Su questa base, il gruppo ritiene che esistano elementi in favore di un eccesso di rischio di tumore del seno associato al lavoro di notte, con elementi di prova limitati. Non è possibile pervenire, sulla base degli studi disponibili, a conclusioni in merito alle altre localizzazioni.
Il gruppo di esperti ha anche preso in considerazione gli studi sperimentali condotti sull’animale, studi che hanno indagato il legame fra le alterazioni indotte al ritmo circadiano e la comparsa del cancro. Il gruppo sottolinea l’esistenza di meccanismi fisiopatologici che possono spiegare gli effetti cancerogeni delle alterazioni del ritmo circadiano.
Basandosi sui risultati degli studi epidemiologici analizzati e sui risultati degli studi sperimentali e biologici, il Comitato di esperti specializzati conclude per un effetto probabile del lavoro di notte sul rischio di tumore.
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